La Scuola di Narrazione Artistica Poliespressiva “Charles Dickens”

La Scuola dei Maestri per chi vuole imparare a narrare come loro ricavando le loro straordinarie competenze dallo studio sistematico delle opere immortali che essi hanno lasciato in eredità al mondo intero. Un Sistema formativo a più livelli scoprire e apprendere come sono fatti e come funzionano quei capolavori senza tempo e senza frontiere in cui sono implicitamente racchiuse le soluzioni e le regole per fare Arte con la Scienza.

Ai nostri maestri,
che con la loro insuperabile lezione metodologica ci hanno insegnato a trasformare le loro stesse opere in strumenti per apprendere le capacità straordinarie con cui le hanno realizzate

Più volte abbiamo pensato di dedicare la nostra Scuola ad uno di quegli autori che più di altri ci ha aiutato indirettamente a comprendere – atraverso lo studio sistematico della sua opera – le regole implicite della narrazione artistica; quelle regole che in quanto «implicite» sono da molti considerate inesistenti.

Tra i tanti autori che avremmo voluto ringraziare, qui e in questo modo, certamente occupano un posto di rilievo coloro che, con le loro riflessioni «metanarrative» sui meccanismi della narrazione artistica, hanno ispirato persino il nostro nome: “MetaCultura”.

Ma a dire il vero, a fronte dei pochi che hanno dedicato tempo a esplicitare e narrare i «segreti» della loro arte – e che per questo continuano ad essere un nostro costante riferimento «metodologico» – sono tanti quelli che con i loro studi, con i loro progetti, e con la loro opera, ci hanno convinto a dedicarci allo studio e alla didattica dell’arte narrativa, assai prima  dell’era digitale, e ora, finalmente, anche sfruttando a pieno le possibilità offerte dalle nuove tecnologie digitali e dalla Rete Internet.

La scelta di un autore che da solo, con il suo nome, possa rappresentare adeguatamente le qualità che contraddistinguono la nostra Scuola – rispetto a tante altre che offrono formazione nel vasto campo della narrazione – si è rivelata assai ardua, e in definitiva insoddisfacente.

Nel momento in cui abbiamo deciso di dare avvio alla Scuola nella forma più idonea – cioè on-line – per consentire agli allievi di potervi partecipare anche a distanza, e ciascuno con i propri tempi, abbiamo ritenuto più giusto dedicarla a tutti i grandi «autori-studiosi» che abbiamo assunto come «tutor virtuali» della Scuola stessa, ai quali abbiamo assegnato il compito di insegnarvi, attraverso la loro opera, le straordinarie competenze con cui l’hanno concepita e realizzata.

Trattandosi di una Scuola che si occupa tanto dei principi della narrazione artistica quanto delle forme espressive utilizzate e della loro composizione – mono- o poli- espressiva – non vogliamo dimenticare nessuno tra i tanti che, con il loro esempio e con le loro lezioni esplicite e implicite, ci aiutano a insegnarvi «come loro racconterebbero bene una bella storia», cioè senza lasciare nulla o quasi al «caso», ma ispirandosi a «modelli archetipici universali» e producendo loro stessi «nuovi modelli» di narrazione perfetta a cui altri narratori potranno ispirarsi.

Così abbiamo deciso di ricordare tutti i nostri «veri Maestri» (non solo di nome), senza i quali non saremmo qui a offrirvi le competenze che abbiamo acquisito da loro e che vi faremo apprendere dai loro stessi capolavori; e non solo da quelli realizzati, ma anche da quelli rimasti – in parte o del tutto – allo stadio di «progetti».

Dunque, anzitutto vogliamo dedicare la nostra Scuola ai «metanarratori», a coloro che hanno speso parte della loro vita  a parlarci di «come», loro stessi o i loro maestri, sono riusciti a fare arte con una o più forme espressive. Questi autori hanno anche concepito mirabili «architetture narrative» che, grazie alle «complementari» «riflessioni sull’arte di narrare», possono essere considerate al contempo «grandi racconti e grandi manuali impliciti di narrazione artistica».

Tra questi insostituibili maestri vogliamo ricordare anzitutto Alfred Hitchcock e François Truffaut, che, con la loro Conversazione ininterrotta, sono subito diventati per noi l’oggetto ideale per uno dei nostri più importanti progetti di «Sistemi di Studio Reticolare»; poi Italo Calvino, che con le sue Lezioni americane, e più in generale con la tutta la sua produzione saggistica, ci ha lasciato un labirinto di studi «metanarrativi» per esplorare il «labirinto» della narrazione artistica di ogni tempo e luogo, a cominciare dalla sua stessa  opera; a lui dobbiamo aggiungere i suoi colleghi dell’ “OULIPO”, in particolare Raymond Queneau, che, con i suoi scritti enciclopedici, i suoi metaracconti, i suoi Esercizi di stile metanarrativi ha colmato i «gradi di separazione tra il saggio e il racconto»; e poi Georges Perec, che, con il suo capolavoro La vita istruzioni per l’uso e con i suoi appunti e schemi progettuali ha lasciato ad ogni narratore un prezioso strumento di studio dell’arte narrativa. A questi aggiungiamo Jorge Luis Borges per la sua concezione labirintica della sacrittura e per la sua oera insieme narrativa e saggistica. Tra gli  autori-studiosi che hanno maggiormente influenzato i nostri studi meta-narrativi non vogliamo dimenticare Edgar Allan Poe, che, con i suoi saggi sulla narrazione, e sulla sua stessa narrazione, ha ispirato tanti studi scientifici sull’arte del narrare, alcuni dei quali (Jakobson, Lotman) costituiscono presupposti fondamentali del nostro lavoro. Tra i «maestri» più vicini temporalmente a noi, e tra le virtuose eccezioni del mondo contemporaneo, vogliamo ricordare David Foster Wallace per la sua scrittura «digressiva», propriamente «ipertestuale», insieme «narrativa e metanarrativa» pur praticata in una forma ancora simile al libro tradizionale. E poi vogliamo ricordare il grande Orson Welles, che, insieme a  Roberto Rossellini, ha praticato e teorizzato il «film-saggio», raccogliendo quella tradizione del «romanzo filosofico» che, da Galileo Galilei a Denis Diderot, da Laurence Sterne a Stefan Zweig, ha tanto  influenzato la nostra idea di «sentiero esplorativo» e di «racconto didattico».

La nostra Scuola è dedicata anche a coloro che ci hanno lasciato i loro «progetti» oltre che i «prodotti»  tratti da essi. In questo modo essi ci hanno fornito oggetti – o dovremmo dire «casi» – «esemplari» per studiare e comprendere con chiarezza la «complessità» dello «studio», insieme «analitico e progettuale», che caratterizza il lavoro di un «autore». I «manoscritti», i «progetti annotati», le «versioni» e le «varianti», le «disposizione sceniche» di autori come  James Barrie, Charles Dickens, Giuseppe Verdi, costituiscono per noi il materiale ideale con cui insegnare ai nostri allievi «come» percorrere il difficile cammino «dall’ideazione alla  realizzazione» di un progetto artistico.

La nostra Scuola non potrebbe esistere senza i lavori di coloro che hanno creato perfetti «labirinti narrativi», ambiziose «variazioni sul tema», rigorosi «sistemi logici di correlazioni intra- e inter- testuali»  su cui i loro stessi allievi hanno potuto imparare e formarsi, traendo ispirazioni e insegnamenti per comporre la loro opera in continuità con quella dei loro maestri. William Shakespeare, Ernst Lubitsch, sono solo due tra i tanti, ma ad essi in particolare è dedicata tanta parte del nostro lavoro, perché da essi abbiamo tratto molti di quegli «insegnamenti metodologici» che ci hanno convinto a elaborare una  «teoria unificata della narrazione», e a progettare «Sistemi di Studio Reticolare» per rappresentare e spiegare la «complessità di piani e di dimensioni» della «narrazione artistica».

Tantomeno potremmo occuparci di «narrazione poliespressiva» se non avessimo avuto modo di studiare per anni i risultati delle collaborazioni d’eccezione tra grandi autori che hanno superato le divisioni «settoriali» tra i campi dell’arte allo scopo di sperimentare e praticare quel tipo di  narrazione – «poliespressiva» – che tanto ci sta a cuore da farne un tratto distintivo della nostra Scuola.

A noi, infatti, interessano particolarmente quegli autori – pittori, scrittori, musicisti, drammaturghi – che hanno deciso di prestare la loro intelligenza e la loro abilità compositiva a «narrazioni multiespressive» che ci affascinano per la quantità e complessità di «piani narrativi ed espressivi» con cui sono articolate. Tra i tanti vogliamo almeno nominare lo scrittore Arrigo Boito, divenuto librettista per Giuseppe Verdi, i librettisti Luigi Illica e Giuseppe Giacosa, che hanno affiancato il compositore Giacomo Puccini nella costruzione di opere liriche immortali, il librettista Francesco Maria Piave, che legò la sua carriera  artistica a quella di Giuseppe Verdi, il librettista Lorenzo Da Ponte che durante la sua vita avventurosa offrì il suo ingegno e la sua scrittura a Wolfgang Amadeus Mozart per realizzare alcuni dei suoi capolavori immortali; e poi le «coppie artistiche» costituite da: il regista Ernst Lubitsch e lo sceneggiatore Samson Raphaelson; il regista François Truffaut e lo sceneggiatore Jean Gruault; lo stesso Truffaut e il musicista George Delerue; il regista Alfred Hitchcock e il musicista Bernard Herrmann; lo stesso Hitchcock e i tanti scrittori che hanno lavorato con lui e per lui, a cominciare dai romanzieri Boileau-Narcejac che scrissero D’entre les morts  pensando a Hitchcock, il quale, raccogliendo l’invito, ne trasse il suo capolavoro Vertigo; e poi il pittore Arthur Rackham, che ha offerto la sua straordinaria abilità immaginativa non solo ai suoi maestri di narrazione (come William Shakespeare), ma anche colleghi e amici, come James Barrie, dediti alla narrazione per l’infanzia. Numerose sono le coppie di autori che, unendo i loro talenti letterari e pittorici, hanno firmato i grandi capolavori della narrazione per l’infanzia: oltre ai suddetti Arthur Rackham e James Barrie, vogliamo ricordare almeno Lewis Carroll e John Tenniel, Alan Alexander Milne e Ernest Howard Shepard, Carlo Collodi e Enrico Mazzanti. E ancora vogliamo ricordare quei musicisti che ricercarono proficue collaborazioni con scrittori, pittori, drammaturghi per realizzare capolavori poliespressivi a quattro mani, tra cui Jean-Baptiste Lully che compose le musiche per le «Comédie-ballet» di Moliere; o Francis Poulenc che offrì la sua abilità  compositiva tanto a uno scrittore e illustratore come Jean De Brunhoff, per il suo Babar l’elefantino, quanto al drammaturgo Jean Cocteau per il suo La voix humaine, contribuendo così a creare virtualmente e materialmente opere «multimediali».

L’universo artistico di nostro interesse si espande enormemente considerando i tanti autori che hanno collaborato a distanza di tempo ispirandosi reciprocamente per la realizzazione di opere artistiche multiespressive che non avrebbero così grande  importanza se non integrassero contributi della medesima qualità. Pensiamo ai “Madrigali” composti da Monteverdi sulle poesie di Tasso, Guarini, Marino, Petrarca, Rinuccini; pensiamo ai tanti capolavori musicali ispirati dallo Stabat mater di Jacopone da Todi; pensiamo al Manfred di Robert Schumann tratto dal poema omonimo di George Byron, ai “Lieder” di Franz Schubert sui testi di Johann Wolfgang Goethe, alle opere verdiane tratte da William Shakespeare o da Victor Hugo; pensiamo  anche a spettacoli nati dalla collaborazione di grandi artisti di diverse «discipline», come il balletto Parade con musica di Erik Satie, coreografia di Léonide Massine, su un soggetto di Jean Cocteau e con la direzione artistica di Pablo Picasso; pensiamo ai lavori di pittori come Marc Chagall o di David Hockney, che, in veste di costumisti e scenografi, hanno collaborato a grandi messe in scena di opere musicali, e a quanti pittori, come questi e altri, tra cui Henri Matisse che dedicò alcuni suoi progetti all’illustrazione di testi letterari, creando complementarità tali, nell’«impaginazione», da ottenere – con tali composizioni a più mani – vere e proprie «edizioni d’arte». Sono tutti casi esemplari non di «riduzioni» e  «adattamenti», ma di vere e proprie «interazioni e integrazioni tra contributi artistici» per progetti di «riscritture multiespressive».

Per la nostra attività ci hanno molto aiutato coloro che hanno saputo riscrivere e trasformare racconti immortali in nuove varianti e con nuove forme espressive, a partire dai raccoglitori e cantastorie di favole della tradizione orale, da Esopo e Fedro a La Fontaine, a Perrault, ai Grimm, fino ai nuovi riscrittori e interpreti come Walt Disney.

Tanto ancora dobbiamo, per i nostri studi sugli archetipi narrativi, a quei grandi narratori di storie per l’infanzia che, dalle leggende, dalla mitologia, dalle raccolte di favole e fiabe, e dalla cultura popolare – drammatizzandone «proverbi e modi di dire» – hanno saputo trarre – e insegnarci a trarre – racconti adeguati a tessere «dialoghi a distanza» tra i «tesori narrativi della tradizione umanistica», anche fornendo preziosa «materia narrativa ed espressiva» ai più grandi artisti della narrazione letteraria, drammaturgica, cinematografica, lirica.

La nostra gratitudine va anche a quegli autori letterari come Charles Dickens, Honoré de Balzac, o Karen Blixen, che, avendo tessuto veri e propri «affreschi narrativi polidimensionali», ci hanno spinto a esplorare le possibilità di una «narrazione reticolare», così come hanno mostrato quei grandi umanisti che hanno concepito racconti «correlati» tra loro in forma «enciclopedica». Basti pensare a quegli autori, che con i loro raconti, fanno «rivivere» personaggi leggendari raccontando le loro «gesta» «prima, dopo, o durante» altri racconti da loro stessi o da altri narrati, espandendo così il «labirinto narrativo» ben oltre il singolo racconto; proprio come fa Esopo quando, narrando le sue brevi storie di animali, ci invita a «connetterle» tra loro in «saghe», e a cercare «presupposti» e «conseguenze» da una favola all’altra. Se non ci credete,  leggete la favola La cicala e le formiche e poi il suo «prequel» La formica; forse riformulerete il vostro giudizio affrettato (o pregiudizio) sul «comportamento esemplare» della formica tratto dalla lettura della sola prima favola; poi leggete il Mito delle cicale narrato da Platone nel suo “Fedro”, e forse riformulerete anche il giudizio affrettato (o pregiudizio), riguardo la cicala, che avete formulato in seguito alla lettura della sola prima favola.

Nel nostro progetto di «formazione umanistica interdisciplinare e multiespressiva» un ruolo fondamentale va riconosciuto agli autori «one man band», che ci hanno mostrato, con la loro opera, «come» si possa «imparare a controllare ogni aspetto della narrazione», compreso quello «espressivo» normalmente frantumato in tante figure professionali e mestieri. Un autore  straordinario come Richard Wagner, con il suo magistrale esempio di opera «poliespressiva», da lui stesso ideata e realizzata sotto ogni aspetto, e con le sue teorizzazioni sull’«opera totale», è per noi un riferimento costante. A lui si uniscono, nella nostra virtuale «aula docenti», altri «autori completi» come Charlie Chaplin, Orson Welles, Jean De Brunhoff, solo per fare alcuni nomi molto famosi.

Lo stesso atteggiamento autoriale di controllo completo dell’opera è quello che ci ha affascinato nella produzione hitchcockiana e disneyana (almeno fino a quando Walt Disney era vivo) e nella nascita di quelle Factory (come la Pixar, come la Aardman) che, assumendo a modello «la Disney di Walt Disney», hanno tentato di realizzare – riuscendoci, anche se per brevi magici periodi – una produzione di alta qualità grazie a un team che condivideva gli stessi ideali e le stesse competenze, diretto da menti brillanti che coltivavano la visione di un’«unica opera composita» fatta di tante gemme preziose.

Per finire vogliamo soffermarci su quei grandi «metteur en scene» che hanno saputo «valorizzare», con i loro progetti, il lavoro dei più grandi drammaturghi e sceneggiatori; questi ultimi devono ai primi le più degne rappresentazioni che ancora continuano a far conoscere e apprezzare il loro lavoro. Tra i più grandi «metteur en scene» dei capolavori del teatro musicale, cioè della più complessa forma di «narrazione multiespressiva», vogliamo ricordare un nome in particolare:  quello del regista Jean-Pierre Ponnelle, autore di straordinarie messe in scena – alcune delle quali fondono il teatro con il cinema – che ci fanno comprendere a pieno il valore dei capolavori del teatro musicale. Questo nostro insostituibile maestro è scomparso troppo presto, ma non prima di averci lasciato esempi perfetti di quello che per noi costituisce «lo stato dell’arte» della «messa in scena multiespressiva». Inizialmente avevamo pensato a lui, solo e proprio a lui, per il nome da dare alla nostra Scuola; ed è con lui che chiudiamo questa lunga «dedica a più maestri», per onorarne la memoria e ricordarvelo una volta di più proprio come faremo, nelle nostre lezioni, ogni volta che vorremo mostrarvi «come si potrebbe rappresentare meglio» un grande racconto artistico, utilizzando più forme espressive «nella loro indipendenza e al contempo nella loro correlazione».