Ai nostri maestri, che con la loro insuperabile lezione metodologica ci hanno insegnato a trasformare le loro stesse opere in strumenti per apprendere le capacità straordinarie con cui le hanno realizzate

Più volte abbiamo pensato di dedicare la nostra Scuola ad uno di quegli autori che più di altri ci ha aiutato a comprendere, studiando la sua opera, le regole implicite della narrazione artistica; quelle regole che in quanto implicite sono da molti considerate inesistenti.

Tra i tanti autori che avremmo voluto ringraziare in questo modo, certamente occupano un posto di rilievo quelli che, con le loro riflessioni «metanarrative» sui meccanismi della narrazione artistica, hanno ispirato persino il nostro nome: “MetaCultura”. 

Ma a dire il vero, a fronte dei pochi che hanno dedicato tempo a esplicitare e narrare i segreti della loro arte, e che per questo continuano ad essere un nostro costante riferimento metodologico, sono tanti quelli che con i loro studi, con i loro progetti, e con la loro opera, ci hanno convinto a dedicarci allo studio e alla didattica dell’arte narrativa, assai prima dell'era digitale, e ora, finalmente, sfruttando a pieno le possibilità offerte dalle nuove tecnologie digitali e dalla rete internet. 

La scelta di un nome che da solo possa rappresentare adeguatamente le qualità che contraddistinguono la nostra Scuola, rispetto a tante altre che offrono formazione nel vasto campo della narrazione, si è rivelata assai ardua e in definitiva insoddisfacente.

Nel momento in cui abbiamo deciso di dare avvio alla Scuola nella forma più idonea - cioè on-line - per consentire agli allievi di potervi partecipare anche a distanza e ciascuno con i propri tempi, ci siamo chiesti se fosse più giusto dedicarla a tutti i grandi «autori-studiosi» che abbiamo assunto come «tutor virtuali» della Scuola stessa, ai quali abbiamo assegnato il compito di insegnarvi, attraverso la loro opera, le straordinarie competenze con cui l’hanno concepita e realizzata.

Trattandosi di una Scuola che si occupa tanto dei principi della narrazione artistica quanto delle forme espressive utilizzate e della loro composizione mono- o poli- espressiva, non vogliamo dimenticare nessuno tra i tanti che, con il loro esempio e con le loro lezioni esplicite e implicite, ci aiutano a insegnarvi «come loro racconterebbero bene una bella storia», cioè senza lasciare nulla o quasi al caso, ma ispirandosi a modelli archetipici universali e producendo nuovi modelli di narrazione perfetta a cui altri narratori potranno ispirarsi.

Così abbiamo deciso di ricordare tutti i maestri senza i quali non saremmo qui a offrirvi le competenze che abbiamo acquisito da loro e che vi faremo apprendere dai loro stessi capolavori, non solo quelli realizzati ma anche quelli rimasti allo stadio di progetti.

Anzitutto dedichiamo la Scuola ai «metanarratori», a coloro che hanno dedicato parte della loro vita a parlare di «come» loro stessi o i loro maestri sono riusciti a fare arte con una o più forme espressive; questi autori hanno anche concepito mirabili architetture narrative che, grazie alle complementari riflessioni sull’arte di narrare, possono essere considerate al contempo grandi racconti e manuali impliciti di narrazione artistica. Tra questi insostituibili maestri vogliamo ricordare Alfred Hitchcock e François Truffaut, che con la loro Conversazione ininterrotta sono subito diventati per noi l’oggetto ideale per uno dei nostri più importanti progetti di Sistemi di Studio Reticolare; poi Italo Calvino, che con le sue Lezioni americane, e più in generale con la tutta la sua produzione saggistica, ci ha lasciato un labirinto di studi metanarrativi per esplorare il labirinto della narrazione artistica di ogni tempo e luogo, a cominciare dalla sua stessa opera; a lui dobbiamo aggiungere i suoi colleghi dell’OULIPO, in particolare Raymond Queneau che con i suoi scritti enciclopedici, i suoi metaracconti, i suoi Esercizi di stile metanarrativi ha colmato i gradi di separazione tra il saggio e il racconto; e Perec, che con La vita istruzioni per l’uso e i suoi appunti e schemi progettuali ha lasciato ad ogni narratore un prezioso strumento di studio dell’arte narrativa. Non trascurabile è l’apporto di Edgar Allan Poe, che con i suoi saggi sulla narrazione, e sulla sua stessa narrazione, ha ispirato tanti studi scientifici sull’arte del narrare, alcuni dei quali (Jakobson, Lotman) costituiscono presupposti fondamentali del nostro stesso lavoro. E poi vogliamo ricordare Orson Welles, che, insieme a Roberto Rossellini, ha praticato e teorizzato il «film-saggio», raccogliendo quella tradizione del «romanzo filosofico» che da Galileo Galilei a Denis Diderot, da Laurence Sterne a Stefan Zweig ha tanto influenzato la nostra idea di «sentiero esplorativo» e di «racconto didattico».

La nostra Scuola è dedicata anche a coloro che ci hanno lasciato i loro «progetti» oltre che i «prodotti»  tratti da essi. In questo modo essi ci hanno fornito oggetti esemplari per studiare e comprendere con chiarezza la complessità dello studio, insieme analitico e progettuale, che caratterizza il lavoro di un autore. I manoscritti, i progetti annotati, le versioni e le varianti, le disposizione sceniche di autori come James Barrie, Charles Dickens, Giuseppe Verdi, costituiscono per noi il materiale ideale con cui insegnare ai nostri allievi «come» percorrere il difficile cammino dall’ideazione alla  realizzazione di un progetto artistico. 

La nostra Scuola non potrebbe esistere senza i lavori di coloro che hanno creato perfetti labirinti narrativi, ambiziose variazioni sul tema, rigorosi sistemi logici su cui i loro stessi allievi hanno potuto imparare e formarsi traendo ispirazioni e insegnamenti per comporre la loro opera in continuità con quella dei loro maestri. William Shakespeare, Ernst Lubitsch, sono solo due tra i tanti, ma ad essi in particolare è dedicata tanta parte del nostro lavoro, perché da essi abbiamo tratto molti di quegli insegnamenti metodologici che ci hanno convinto a elaborare una «teoria unificata della narrazione» e a progettare «Sistemi di Studio Reticolare» per affrontare la complessità di piani e di dimensioni della «narrazione artistica».

Tantomeno potremmo occuparci di «narrazione poliespressiva» se non avessimo avuto modo di studiare per anni i risultati delle collaborazioni d’eccezione tra grandi autori che hanno superato le divisioni settoriali tra i campi dell’arte allo scopo di sperimentare e praticare quel tipo di narrazione - «poliespressiva» - che tanto ci sta tanto a cuore da farne un tratto distintivo della nostra Scuola. 

A noi, infatti, interessano particolarmente quei pittori, scrittori, musicisti, drammaturghi che hanno deciso di prestare la loro intelligenza e la loro abilità compositiva a narrazioni «multiespressive» che ci affascinano per la quantità e complessità di piani narrativi ed espressivi con cui sono articolate. Tra i tanti vogliamo almeno nominare lo scrittore Arrigo Boito, divenuto librettista per Verdi, i librettisti Luigi Illica e Giuseppe Giacosa, che hanno affiancato il compositore Giacomo Puccini nella costruzione di opere liriche immortali, il librettista Francesco Maria Piave, che legò la sua carriera artistica a quella di Giuseppe Verdi, il librettista Lorenzo Da Ponte che durante la sua vita avventurosa offrì il suo ingegno e la sua scrittura a Wolfgang Amadeus Mozart per realizzare alcuni dei suoi capolavori immortali; e poi le coppie artistiche costituite dal regista Ernst Lubitsch con lo sceneggiatore Samson Raphaelson, dal regista François Truffaut con lo sceneggiatore Jean Gruault, e dallo stesso regista con il musicista George Delerue, dallo stesso regista Alfred Hitchcock con il musicista Bernard Herrmann e con diversi scrittori che hanno lavorato con lui e per lui (basti pensare alla coppia di romanzieri Boileau-Narcejac che scrissero D'entre les morts pensando a Hitchcock che raccolse l’invito ne trasse il suo capolavoro Vertigo); e poi quei pittori come Arthur Rackham che hanno offerto la loro abilità immaginativa (oltre ai loro maestri di narrazione come William Shakespeare) ai grandi autori della narrazione per l’infanzia come James Barrie; numerose sono le coppie di autori che unendo i loro talenti hanno firmato i grandi capolavori della narrazione per l’infanzia, oltre i suddetti Arthur Rackham e James Barrie, anche Lewis Carroll e John Tenniel, Alan Alexander Milne e Ernest Howard Shepard, Carlo Collodi e Enrico Mazzanti; e ancora quei musicisti che ricercarono proficue collaborazioni con scrittori pittori e drammaturghi per realizzare capolavori poliespressivi a quattro mani, come Jean-Baptiste Lully che compose le musiche per le «Comédie-ballet» di Moliere; o come Francis Poulenc che offrì la sua abilità compositiva tanto a uno scrittore e illustratore come Jean De Brunhoff, per il suo Babar l’elefantino, quanto al drammaturgo Jean Cocteau per il suo La voix humaine, contribuendo così a creare virtualmente e materialmente opere multimediali. 

L’universo artistico di nostro interesse si espande enormemente considerando i tanti autori che hanno collaborato a distanza di tempo ispirandosi reciprocamente per la realizzazione di opere artistiche multiespressive che non avrebbero tanta importanza se non integrassero contributi della medesima qualità. Pensiamo ai “Madrigali” composti da Monteverdi sulle poesie di Tasso, Guarini, Marino, Petrarca, Rinuccini, ai tanti capolavori musicali ispirati dallo Stabat mater di Jacopone da Todi; pensiamo al Manfred di Robert Schumann tratto dal poema di Byron, ai “Lieder” di Franz Schubert sui testi di Johann Wolfgang Goethe, alle opere verdiane tratte da William Shakespeare o da Vicotr Hugo; pensiamo anche a spettacoli nati dalla collaborazione di grandi artisti di diverse «discipline», come il balletto Parade con musica di Erik Satie, coreografia di Léonide Massine, su un soggetto di Jean Cocteau e con la direzione artistica di Pablo Picasso; pensiamo ai lavori di pittori come Marc Chagall o di David Hockney, che, in veste di costumisti e scenografi, hanno collaborato a grandi messe in scena di opere musicali, e a quanti pittori come questi e altri, ad esempio Henri Matisse, hanno dedicato progetti all’illustrazione di testi letterari creando complementarità tali, nell’impaginazione, da considerare, tali composizioni a più mani, «edizioni d’arte». Sono tutti casi esemplari, non di riduzioni e adattamenti, ma di vere e proprie interazioni e integrazioni tra contributi artistici per progetti di riscritture multiespressive.

Per la nostra attività ci hanno molto aiutato coloro che hanno saputo riscrivere e trasformare racconti immortali in nuove varianti e con nuove forme espressive, a partire dai raccoglitori e cantastorie di favole della tradizione orale, da Esopo e Fedro a La Fontaine, Perrault, i Grimm, fino a Walt Disney.

Tanto dobbiamo, per i nostri studi sugli archetipi narrativi, a quei grandi narratori di storie per l’infanzia che dalle leggende, dalla mitologia, dalle raccolte di favole e fiabe, e dalla cultura popolare - drammatizzandone proverbi e modi di dire - hanno saputo trarre - e insegnarci a trarre - racconti capaci di creare dialoghi a distanza tra i tesori narrativi della tradizione umanistica, anche fornendo preziosa materia narrativa ed espressiva ai più grandi artisti della narrazione letteraria, drammaturgica, cinematografica, lirica.

La nostra gratitudine va anche a quegli autori letterari come Charles Dickens, Honoré de Balzac, o Karen Blixen, che, avendo tessuto veri e propri affreschi narrativi polidimensionali, ci hanno spinto a esplorare le possibilità di una narrazione «reticolare», così come hanno mostrato quei grandi umanisti che hanno concepito racconti correlati tra loro in forma «enciclopedica». Basti pensare a quegli autori che con i loro raconti fanno rivivere personaggi raccontando le loro gesta prima dopo o durante altri racconti da loro stessi o da altri narrati, espandendo il labirinto narrativo ben oltre il singolo raconto, proprio come fa Esopo quando narrando le sue brevi storie di animali ci invita a connetterle tra loro in saghe, a cercare presupposti e conseguenze da una favola all’altre. Se non ci credete, leggete la favola La cicala e le formiche e poi il suo «prequel» La formica; forse riformulerete i vostri giudizi affrettati sul comportamento esemplare della formica tratto dalla lettura della sola prima favola; poi leggete il Mito delle cicale narrato da Platone nel suo “Fedro”, e forse riformulerete il giudizio affrettato sulla cicala tratto dalla lettura della sola prima favola.

Un ruolo fondamentale per la formazione umanistica interdisciplinare e multiespressiva, che noi vogliamo contribuire a dare ai nostri allievi, va riconosciuto a quegli autori «one man band» che ci hanno mostrato con la loro opera come si possa imparare a controllare ogni aspetto della narrazione, compreso quello espressivo normalmente frantumato in tante figure professionali e mestieri. Un autore come Richard Wagner, con il suo magistrale esempio di opera poliespressiva, da lui stesso ideata e realizzata sotto ogni aspetto, e con le sue teorizzazioni sull’«opera totale», è per noi un riferimento costante. A lui si uniscono, nella nostra «aula docenti», altri «autori completi», come Charlie Chaplin, Orson Welles, Jean De Brunhoff, solo per fare alcuni nomi famosi. Lo stesso atteggiamento autoriale di controllo completo dell’opera è quello che ci ha affascinato nella produzione hitchcockiana e disneyana (almeno fino a quando Walt Disney era vivo) e nella nascita di quelle Factory (come la Pixar, come la Aardman) che, assumendo a modello «la Disney di Walt Disney», hanno tentato di realizzare - riuscendoci anche se per brevi magici periodi - una produzione di alta qualità grazie a un team che condivideva gli stessi ideali e le stesse competenze, diretto da menti brillanti che coltivavano la visione di un’opera composita fatta di tanti gemme preziose. 

Per finire vogliamo soffermarci su quei grandi «metteur en scene» che hanno «valorizzato» con i loro progetti il lavoro dei più grandi drammaturghi e sceneggiatori; questi ultimi devono ai primi le più degne rappresentazioni che ancora continuano a far conoscere e apprezzare il loro lavoro. Tra i più grandi metteur en scene dei capolavori del teatro musicale, cioè della più complessa forma di narrazione multiespressiva, ci interessa onorare un nome in particolare: quello del regista Jean-Pierre Ponnelle, autore di straordinarie messe in scena - alcune delle quali fondono il teatro con il cinema - che ci fanno comprendere a pieno il valore dei capolavori del teatro musicale. Questo nostro insostituibile maestro è scomparso troppo presto, ma non prima di averci lasciato esempi perfetti di quello che per noi costituisce lo stato dell’arte della messa in scena multiespressiva. Inizialmente avevamo pensato a lui solo per il nome da dare alla nostra Scuola; ed è con lui che chiudiamo questa lunga dedica a più maestri, per onorarne la memoria e ricordarvelo una volta di più proprio come faremo, nelle nostre lezioni, ogni volta che vorremo mostrarvi «come si potrebbe rappresentare meglio» un grande racconto artistico, utilizzando più forme espressive nella loro indipendenza e correlazione.